Mendicanti e superuomini - Страница 70

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Dissi: — Ha già ricevuto un antibiotico ad ampio spettro e un antivirale da una unità medica di modello K. L’unità ha detto che si trattava di un virus sconosciuto che esulava dalla configurazione di qualsiasi microrganismo conosciuto confezionato, si dovrebbe ricostruirlo da capo per potere…

Stavo blaterando. Miranda non sollevò lo sguardo. — Questo è il Depuratore Cellulare, dottoressa Turner. Penso tuttavia che lei lo avesse già immaginato. — C’era qualcosa di premeditato nel suo modo di parlare, come se le parole fossero state scelte accuratamente, sebbene lei trovasse che fossero completamente inadeguate rispetto qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di dire. Non lo avevo notato a Washington, dove i suoi discorsi davanti al Tribunale Scientifico dovevano essere stati preparati attentamente in anticipo. La lentezza aveva un contrasto marcato rispetto al modo in cui aveva parlato con "Jon".

Annie osservò l’ago sparire nel collo di Lizzie. Annie rimase completamente immobile, inginocchiata sull’orlo del parka infangato che aveva sparpagliato foglie morte sul pavimento bianco privo di qualsiasi segno.

Il momento appariva surreale. Miranda non aveva nemmeno esitato. Io sputai fuori: — Non hai nemmeno intenzione di spiegare loro questa cosa, di dar loro una scelta…

Miranda non rispose. Estrasse invece una seconda siringa dalla tasca e iniettò il liquido in Billy.

Pensai follemente a tutti i depositi di grasso sulle arterie del cuore di lui, a tutte le letali copie virali che possono giacere in attesa per anni nei linfonodi finché il corpo non si indebolisce, a tutte le moltiplicazioni tossiche del DNA normale nel corso dei sessantotto anni delle ossa, della carne e del sangue di Billy. Non riuscii a parlare.

Miranda tirò fuori una terza siringa e si rivolse ad Annie, che sollevò una mano in atteggiamento difensivo. — No, signora, la prego, io non sono malata.

— Lo sarai — disse Miranda — senza questo. Presto. — Aspettò.

Annie chinò la testa. Mi sembrò una preghiera che improvvisamente mi fece infuriare senza che riuscissi a capirne il motivo. Miranda iniettò il liquido in Annie.

Si rivolse quindi verso di me.

— Quanto è tossico il virus mutato…

— Letale. Entro ventiquattro ore. E viene trasmesso facilmente. Resterai infettata.

— Come fai a saperlo? È stata la tua gente a creare e liberare il virus? Sei stata tu?

— No — rispose lei, calma come se le avessi chiesto se stesse piovendo. Le pulsava tuttavia una vena sul collo ed era tesa come una corda di violino, pronta a vibrare al tocco. Non sapevo però al tocco di chi. Fissai la siringa che aveva in mano: lunga, sottile, nera, il fluido nascosto dentro. Di che colore era? Il fluido era già entrato in Lizzie, in Billy, in Annie.

Sussurrai, prima di sapere che lo avrei fatto: — Ma io sono un Mulo…

Miranda disse: — Mi sono iniettata il liquido personalmente. Mesi addietro. Non si tratta di una procedura non testata.

Non aveva affatto colto il significato delle mie parole. Esso andava al di là del suo campo visivo. Apparentemente, allora, c’erano cose che le sfuggivano. Dissi: — Sei così… — senza sapere come avrei terminato la frase.

— Non abbiamo molto tempo. Abbassa la testa, per favore, dottoressa Turner.

Spifferai subito, con mia eterna vergogna: — Non sono una vera dottoressa laureata!

Per la prima volta lei sorrise. — Nemmeno io, Diana.

— Perché non abbiamo molto tempo? Che cosa sta per succedere? Non sono ancora ammalata e tu stai per alterare la mia intera struttura biochimica, lasciamici almeno pensare un momento.

Apparve improvvisamente uno schermo sulla parete. Anche se questo, a differenza della porta, era certamente di tecnologia normale, sobbalzai lo stesso come se fosse apparso un angelo con una spada fiammeggiante. L’angelo però mi stava davanti, fissando addolorata lo schermo, con la spada che le tremava nella mano e io sarei morta non tanto perché avevo avevo mangiato quella particolare mela elaborata geneticamente, ma perché non lo avevo fatto.

Non mi dette alcuna possibilità. Lo schermo mostrava un aereo che atterrava laddove nessun aereo sarebbe dovuto essere in grado di atterrare, un oggetto ripiegato che scendeva giù come un elicottero privo di rotore, ma con una maggiore precisione rispetto a un elicottero, sullo stesso piccolo tratto di terreno pianeggiante fra il ruscello e la montagna dove io avevo gridato perché l’Eden si aprisse. Lo stesso nudo albero di betulla che fremeva, bianco. La stessa quercia malconcia. Sollevai la testa per guardare i quattro uomini che scendevano dalla fusoliera aperta dell’aereo governativo e Miranda mi infilzò la siringa nel collo. Poggiandomi l’altra mano sulla spalla, mi tenne ferma mentre il fluido penetrava.

Era molto forte.

Non so perché quel singolo fatto mi schiarì la mente, il che dimostra quanto fosse completamente folle l’intera situazione. Dissi, quasi fossimo cospiratori: — Non possono entrare, vero? Non sono nemmeno riusciti a trovare questo posto, prima, e hanno fatto saltare in aria l’installazione sbagliata. Devono averci seguito qui, Billy, Annie, Lizzie e me… oh, mi dispiace, Miranda…

Non mi stava ascoltando. Con mio assoluto stupore, vidi delle lacrime scintillare nei suoi occhi. Avvolse le dita della mano destra attorno alla sinistra. Coprendo l’anello.

Un quinto uomo era stato aiutato a scendere dall’aereo e a montare su una carrozzella elettrica che qualcun altro aveva velocemente aperto. Notai con ulteriore stupore che si trattava di Drew Arlen, il Sognatore Lucido.

Egli appoggiò la mano sull’albero di betulla. Non sapevo, e non lo scoprii mai, se lo avesse fatto per sorreggersi oppure se quel gesto facesse parte della procedura di ingresso, un attivatore o un sistema di riconoscimento della pelle o semplicemente un codice di sicurezza di un genere inimmaginabile. Pronunciò quindi una serie di parole, molto chiaramente, con la sua famosa voce. La porta sopra alle nostre teste si aprì.

Miranda non fece alcuno sforzo per fermarlo, sempre che avesse potuto. Era ovvio che avrebbe potuto. Dovevano esistere scudi, contro-scudi, qualcosa. Erano Super-Insonni.

I quattro agenti dell’ECGs scesero lungo le scale come se si trattasse di una discarica di rifiuti. Avevano estratto le pistole, cosa che mi riempì di improvviso disprezzo. Drew Arlen rimase all’esterno.

— Miranda Sharifi, lei è in arresto per violazioni all’Atto degli Standard Genetici, dalla Sezione 12 alla 34, che sostengono…

Lei li ignorò completamente. Passò oltre i quattro uomini come se non fossero stati nemmeno lì, con un improvviso fuoco che doveva essere una specie di scudo elettrico personale che le brillava attorno. Uno degli agenti cercò di afferrarla, emise un grido e si sostenne la mano bruciata, col volto distorto dal dolore. L’agente che bloccava le scale esitò. Lo vidi pensare per un mezzo secondo se sparare, poi si spostò dai gradini.

Miranda li salì lentamente, pesantemente, con le lacrime che le scintillavano negli occhi scuri. Tre degli agenti la seguirono. Dopo un istante di stordimento sfrecciai anche io dietro di loro.

Drew Arlen era seduto nei freddi boschi novembrini su una sedia a rotelle elettrica. Miranda lo affrontò. Un debole vento fece fremere la quercia e le foglie morte frusciarono. Ne cadde qualcuna.

— Perché, Drew?

— Miri, non hai il diritto di scegliere per 175 milioni di persone. Non in una democrazia. Non senza che ci siano controlli ed equilibri. Leisha diceva…

— Kenzo Yagai lo ha fatto. Lui ha scelto. Ha creato l’energia a basso costo e ha cambiato il mondo in meglio.

— Avresti potuto bloccare il disgregatore di duragem. Non lo hai fatto. Sono morte delle persone, Miranda!

— Non quante ce ne sarebbero state se lo avessimo fermato. Non a lunga scadenza.

— Non era questa la tua motivazione! Volevi soltanto controllare la situazione! Voi Super, che non dovrete morire mai!

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