Mendicanti e superuomini - Страница 48

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Avevo amato uomini decisamente stupidi.

Tre giorni dopo aver portato a Lizzie la biblioteca di cristallo, mi alzai alle quattro del mattino pronta a seguire Billy nel folto del bosco.

Poteva essere il mio terzo giro in sei settimane. Lizzie mi teneva informata, causa il nostro accordo, sui piani di Billy. Mi aveva detto che lui era solito andare ogni due mesi, ma adesso si allontanava molto più di frequente.

Quella mattina stava nevicando, anche se era solamente metà ottobre. A San Francisco non avevo mai fatto molto caso alla storia della "mini-glaciazione in arrivo". Nelle Adirondack, tuttavia, non c’era grande possibilità di scelta. Tutti andavano in giro infagottati in tute invernali, sorprendentemente calde.

Billy indossava una di queste tute quando emerse dall’edificio dove era situato il suo appartamento, alle quattro e quarantacinque del mattino. Portava uno zaino di plastitessuto. Fuori era ancora buio. Si incamminò in direzione del fiume che scorreva a soli cinque o sei isolati da quello che passava per essere il centro cittadino. Lo seguii senza essere vista finché ci furono edifici a fornirmi copertura. Quando non ce ne furono più, lo lasciai allontanare dalla vista e quindi seguii le sue impronte sulla neve fresca. Un chilometro e mezzo dopo le impronte si interruppero.

Sostai sotto un pino, riflettendo sulle mie possibilità di scelta. Alle mie spalle, Billy disse tranquillamente: — Non è per niente migliorata nei boschi. Non dalla prima volta.

Mi voltai. — Come hai fatto?

— Non importa come ho fatto io. La domanda è che cosa ha intenzione di fare lei qui fuori.

— Seguirti ancora.

— Perché?

Non me lo aveva mai chiesto prima. Le altre volte che lo avevo seguito si era del tutto rifiutato di parlarmi. Aveva un aspetto insolitamente imponente lì in piedi nel paesaggio desolato, col volto raggrinzito e l’espressione grave: un Mosè Vivo. Dissi: — Billy, dov’è l’Eden?

— Sta dando la caccia a quello, eh? Non so dov’è, io, e se lo sapevo non ce la portavo lo stesso.

— Perché no?

— Perché no cosa?

— Perché non mi porteresti nell’Eden se sapessi dove si trova?

— Perché quello non è un posto per Muli.

— È forse un posto per Vivi?

Sembrò tuttavia avere compreso di avere parlato troppo. Deliberatamente appoggiò lo zaino a terra, spazzolò via la neve da un tronco caduto e si sedette con l’aria di un uomo che non aveva alcuna intenzione di alzarsi finché io non me ne fossi andata. Avrei dovuto pungolarlo offrendogli di più.

— Non è nemmeno un posto di Vivi, vero, Billy? È un posto di Insonni. Tu hai visto un Super-Insonne di Huevos Verdes, o più di uno, in questi boschi. Hanno la testa un po’ più grossa del normale e parlano come se stessero rallentando il discorso, perché è proprio quello che fanno. Pensano così più velocemente e in modo più complesso rispetto a noi. Ne hai visto uno, vero, Billy? Uomo o donna?

Egli mi fissò, un volto grave e rugoso contro il grigio e il bianco dei boschi.

— Quando è successo, Billy? In estate? O prima ancora?

Egli rispose con sforzo malcelato e mentendo spudoratamente: — Non ho mai visto nessuno, io.

Mi avvicinai a lui e gli appoggiai con fermezza una mano sulla spalla. — Si che lo hai fatto, tu. Quando è successo?

Egli fissò il terreno innevato, arrabbiato ma senza volere, o senza essere capace di mostrarlo.

— D’accordo, Billy — sospirai io. — Se non me lo vuoi dire, non dirmelo. Hai ragione, sai, non posso seguirti senza essere vista nei boschi perché non so quello che sto facendo. E ho già freddo.

Continuò a non dire nulla. Ritornai in paese arrancando a fatica. Il computer e la biblioteca di cristallo per Lizzie non erano stati tutto ciò che Darla Jones aveva acquistato a New York. Il dispositivo di rintracciamento che avevo appiccicato sulla giacca di plastitessuto dell’uomo, dietro alla spalla e sotto al collo dove lui non avrebbe potuto vederlo finché non si fosse tolto la giacca, registrava un punto fisso sul monitor portatile. Esso rimase immobile per oltre un’ora. Ma non aveva freddo?

Forse Billy Washington si era acceso un falò: il monitor non lo avrebbe mostrato. Un’ora dopo, mentre me ne stavo seduta al calduccio nella mia camera d’albergo a East Oleanta, il punto-Billy si mosse. Camminò ancora per svariate miglia nel corso della giornata, a piccoli tratti, in varie direzioni. Un uomo in cerca di qualche cosa. In nessun momento il punto scomparve, il che avrebbe significato che era sparito dietro a un campo di sicurezza a energia-Y. La stessa cosa accadde per i successivi tre giorni e notti. Egli tornò quindi a casa.

Inspiegabilmente non mi affrontò riguardo al dispositivo di rintracci amento. O non lo aveva mai trovato anche dopo avere tolto la giacca (difficile a credersi), oppure lo aveva trovato ma non aveva avuto la minima idea di cosa fosse e aveva deciso di non chiederselo nemmeno. Oppure — e questo mi sovvenne in seguito — l’aveva visto, ma aveva pensato che ce lo avesse messo qualcun altro, forse mentre lui era addormentato, e aveva voluto lasciarlo al suo posto. Qualcuno dei boschi. Qualcuno che lui voleva compiacere.

O forse non era nessuna di queste cose.

Due giorni dopo il ritorno di Billy dai boschi, Annie disse: — La ferrovia a gravità si è rotta di nuovo, lei. — Non lo disse a me. Io ero seduta nel suo appartamento, in visita a Lizzie, ma Annie doveva ancora acconsentire ufficialmente che mi trovassi lì. Non mi guardava in faccia, non mi parlava, manovrava la sua considerevole stazza attorno al posto che occupavo come se fosse un inesplicabile e sconveniente buco nero. Probabilmente Billy mi aveva fatto entrare solo perché avevo portato due bracciate di cibo e di articoli del deposito, ottenuti con il gettone "Victoria Turner" per contribuire alle crescenti scorte allineate lungo le pareti. Quel luogo puzzava vagamente come una discarica in cui non erano stati lasciati i microorganismi che consumavano i rifiuti.

— Dove sta? — chiese Billy. Intendeva dire il treno vero e proprio, fermo da qualche parte lungo il percorso magnetico.

— Proprio qui — rispose Annie. — A circa mezzo chilometro fuori dal paese, è quello che ha detto Celie Kane, lei. Alcuni di loro sono tanto furiosi da volerlo incendiare.

Lizzie sollevò con interesse lo sguardo dal terminale portatile con la preziosa biblioteca di cristallo. Non avevo assistito alla reazione di Annie al mio regalo ma me ne aveva parlato Lizzie. L’unico motivo per cui Lizzie possedeva ancora quella roba era che aveva minacciato di scappare di casa prendendo la ferrovia a gravità. Aveva dodici anni, aveva detto a sua madre, moltissimi ragazzi se ne andavano di casa a dodici anni. Suppongo che per i ragazzi Vivi fosse vero, visto che se ne andavano avanti e indietro con i loro gettoni-pasto. Era stato quello il momento in cui Annie aveva smesso di rivolgermi la parola.

Lizzie disse: — Ma i treni possono bruciare, loro?

— No — rispose brevemente Billy. — Ed è comunque contro la legge rovinarli.

Lizzie digerì l’affermazione. — Ma se nessuno può venire in treno da Albany per punire la gente che non rispetta la legge…

— Possono venire in aereo, loro, non ti pare? — schioccò seccamente Annie. — Non pensare nemmeno di non rispettare la legge, signorina!

— Non ci stavo pensando per niente, io. È Celie Kane che lo sta facendo — disse Lizzie con ragionevolezza. — E poi nessuno verrà più a East Oleanta in aereo da Albany. Tutti quei Muli hanno problemi ben più grossi di noi, loro.

— La voce dell’innocenza — dissi, ma naturalmente nessuno rispose.

Fuori, nel corridoio, qualcuno si mise a gridare. Si sentì un rumore di passi superare la nostra porta, tornare indietro e poi bussare. Billy e Annie si guardarono a vicenda. Billy aprì quindi la porta di uno spiraglio e infilò fuori la testa. — Che c’è che non va?

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