Mendicanti e superuomini - Страница 28
Una volta sul tetto dell’albergo, tuttavia, il freddo mi fece tornare sobrio. Seattle era costruita sulle colline e l’albergo si trovava sulla cima di una delle più grandi. Potevo vedere ben al di là dell’enclave: le acque scure del Pudget Sound a ovest, il Mount Rainier bianco al chiaro di luna. Fredde stelle sopra la mia testa, fredde luci sotto. I quartieri dei Vivi ai piedi delle colline, eccetto lungo il Sound, che era una striscia di terra sul mare preclusa ai Vivi.
L’aeromobile dell’ECGS, armato e corazzato, decollò verso est. Ben presto non ci furono più luci. Nessuno parlava. Potrei essermi addormentato. Spero di non averlo fatto.
"Non dar fastidio a tuo padre, Drew. Sta dormendo."
"È ubriaco, lui."
"Drew!"
La grata si avviluppò nella mia mente fluttuando come il gas di acque stagnanti nella palude dove alla fine mio padre era affogato, lui, morto ubriaco. Qualche ragazzetto lo aveva trovato tanto tempo dopo. Avevano pensato che quella roba nell’acqua era un tronco marcio.
— Siamo arrivati, signor Arlen. La prego, si svegli.
Eravamo atterrati su una piattaforma in un posto selvaggio, imprecisato e scuro, fitto di alberi, con immense sporgenze rocciose che mi resi lentamente conto facevano parte della montagna. Mi pulsavano le tempie. Uno degli agenti accese una lampada portatile a energia-Y e spense i fari dell’aeromobile. Scendemmo. Mi resi conto per la prima volta di non conoscere i loro nomi.
— Dove siamo?
— Cascade Range.
— Ma dove siamo?
— Soltanto qualche altro minuto, signor Arlen.
Distolsero lo sguardo mentre mi issavo sulla carrozzella. Essa fluttuava al di sopra dell’unità a gravità, a venti centimetri di altezza sopra uno stretto sentiero di terra che conduceva dalla piattaforma di atterraggio nel fitto del bosco. Seguii gli agenti, che portavano la lampada. L’oscurità su entrambi i lati del sentiero, sotto agli alberi era come una parete solida, se si eccettuavano i fruscii e i distanti e profondi gridi di civetta. Sentii l’odore di aghi di pino e foglie ammuffite.
Il sentiero terminava davanti a un edificio in pietra spugnosa nascosto dagli alberi, un edificio troppo piccolo per essere importante. Nessuna finestra. Un agente si fece prendere l’impronta della retina e pronunciò un codice davanti alla porta che si aprì. La zona interna si illuminò. L’interno era occupato da un ascensore e anche quello era dotato di analizzatore di retina e codice. Scendemmo sotto terra.
L’ascensore si aprì in un grande laboratorio affollato di strumentazioni, nessuna delle quali funzionante. Le luci erano soffuse. Una donna con un camice bianco da laboratorio arrivò di corsa da una delle molte porte laterali. — È lui?
— Sì — rispose un agente e colsi il suo fugace e involontario sguardo per vedere se al Sognatore Lucido seccasse di non essere riconosciuto. Sorrisi.
— Benvenuto, signor Arlen — disse con espressione grave la donna. — Sono la dottoressa Carmela Clemente-Rice. Grazie per essere venuto.
Era la donna più bella che avessi mai visto, perfino più graziosa di Leisha. Aveva i capelli così neri da sembrare blu, occhi enormi azzurro chiaro, pelle immacolata. Appariva sulla trentina ma, ovviamente, poteva essere molto più vecchia. Modificazioni genetiche da Muli. Era circondata dalle inconsistenti forme del dolore.
Teneva le mani serrate con delicatezza davanti a sé. — Si starà chiedendo perché l’abbiamo portata qui. Questa non è un’installazione dell’ECGS, signor Arlen. È una struttura di modificazione genetica fuorilegge che abbiamo scoperto e conquistato. Per organizzare l’operazione ci è occorso un intero anno. Per il processo degli scienziati e dei tecnici di laboratorio che lavoravano qui è occorso un altro anno. Adesso sono tutti in prigione. In condizioni normali l’ECGS smantella completamente i laboratori fuorilegge, ma esistono motivi per cui questo non è stato messo fuori uso. Comprenderà fra qualche istante.
Aprì le mani e fece uno strano gesto, come se mi stesse attirando a sé. O se stesse attirando la mia mente a sé. Gli occhi azzurri da Mulo non lasciarono mai il mio volto.
— Le… bestie che lavoravano qui stavano creando modificazioni illegali per il mercato clandestino. Uno dei mercati clandestini. Questo genere di strutture esiste in tutti gli Stati Uniti signor Arlen, anche se fortunatamente non tutte hanno lo stesso successo di questa. L’ECGS spende moltissimi soldi, tempo, uomini e talenti legali per buttarli fuori dal commercio. Mi segua, la prego.
Carmela Clemente-Rice fece strada attraverso la stessa porta laterale. La seguimmo. Un lungo corridoio bianco — ma quanto era grande quel luogo sotterraneo? — su cui erano allineate moltissime porte. Mi condusse attraverso la prima e si fece da parte.
Erano due, maschio e femmina, entrambi nudi. Avevano un’espressione sognante, sfocata, da consumatori di droghe pesanti ma, in qualche modo, seppi che non ne facevano uso. Esistevano e basta. Si stavano entrambi masturbando con una trasognata mancanza di urgenza che corrispondeva alle loro espressioni. La donna teneva una mano nella vagina fra le gambe e l’altra, in quella fra il seno. Le altre vagine, tuttavia, fra gli occhi, su ogni palmo delle mani, si erano anche aperte leggermente, mostrando tessuti gonfi e irrorati di sangue. L’uomo si accarezzava i suoi due peni eretti giganti e la propria vagina e mi accorsi che aveva inserito quello che assomigliava a una specie di posata su per uno dei fori del sedere.
— Per il commercio sessuale — disse tranquillamente Carmela Clemente-Rice alle mie spalle. — Ingegneria genetica embrionale clandestina. Non abbiamo alcun modo per tornare indietro, non abbiamo modo per sollevare i loro QI che si aggirano sul 60. Tutto quello che possiamo fare è alloggiarli e tenerli fuori dal mercato per cui erano stati progettati.
Feci uscire la carrozzella dalla camera. — Non mi sta mostrando niente di cui non fossi già a conoscenza, signora — dissi più duramente di quanto non avessi intenzione di fare. Gli schiavi del sesso mi crearono forme dolenti ed escoriate nella mente. — Questa roba è in giro da anni, ben prima che esistesse Huevos Verdes. Huevos Verdes non ha niente in contrario con il fatto che l’ECGS li metta fuorilegge e li chiuda. Nessuna persona sana di mente si dichiara a favore di questo tipo di ingegneria genetica.
Lei non rispose, mi condusse semplicemente lungo il corridoio, verso un’altra porta.
Ce n’erano quattro questa volta, in una stanza molto più grande, con le stesse espressioni sognanti. Questi non erano nudi, anche se indossavano degli strani abiti: tute cucite a mano goffamente per adeguarsi agli arti extra e alle deformità. Uno aveva otto braccia, uno quattro gambe, un altro tre paia di seni. A giudicare dalla forma del corpo, gli organi extra del quarto dovevano essere interni. Pancreas, fegati oppure cuori? L geni potevano venire programmati in modo da far crescere cuori extra?
— Per il mercato dei trapianti — disse Carmela. — Ma, forse, aveva sentito parlare anche di questo, no?
Era vero, ma non lo dissi.
— Questi sono più fortunati — continuò lei. — Possiamo rimuovere gli arti in eccesso e ridare loro dei corpi normali. In effetti Jessie dovrà sottoporsi all’operazione martedì.
Non chiesi quale fosse Jessie. Lo scotch mi stava creando bolle di nausea nello stomaco.
Nella camera successiva le due persone apparivano normali. In pigiama, giacevano addormentati su un letto coperto di una graziosa distesa di chintz. Carmela non abbassò la voce.
— Non stanno dormendo, signor Arlen. Sono sotto sedativi, pesanti, e lo resteranno per il resto della loro vita. Quando non lo sono, avvertono un intenso e costante dolore. Esso è causato da un piccolo virus modificato geneticamente, progettato per stimolare il tessuto nervoso a un grado intollerabile. Il virus viene iniettato e si riproduce quindi nel corpo, una specie del Depuratore Cellulare di Huevos Verdes. Il dolore è lancinante, ma non esiste alcun reale danno ai tessuti, quindi, in teoria, potrebbe continuare per anni. Decenni. È stato studiato per il mercato internazionale della tortura e ci sarebbe dovuto essere un antidoto da somministrare. O da rifiutare. Sfortunatamente, gli ingegneri genetici che ci lavoravano sono arrivati soltanto fino al nano-torturatore, non all’antidoto.