Mendicanti di Spagna - Страница 14

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— Che cos’è questa storia, Alice? Perché qui? Che stai facendo?

— Sto vivendo — rispose Alice. — Lontana dal caro Papà, lontana da Chicago, lontana dalla distrutta e alcolizzata Susan: lo sapevi che beve? Proprio come la Mamma. Lui fa questo effetto sulla gente. Ma non su di me. Io sono fuori. Mi chiedo se tu lo farai mai…

— Fuori? Qui?

— Io sono felice — disse Alice con rabbia. — La vita non dovrebbe essere questo? Non è la meta del tuo grande Kenzo Yagai? La felicità attraverso lo sforzo individuale?

Leisha pensò di dire che non riusciva proprio a vedere quale sforzo stesse facendo Alice. Non lo disse. Un pollo corse attraverso il giardinetto della casupola. Dietro, le montagne si stagliavano in uno strato dopo l’altro di foschia azzurrina. Leisha pensò a come dovesse essere quel luogo in inverno, tagliato fuori dal mondo in cui le persone si sforzavano di raggiungere mete, imparavano, cambiavano.

— Sono contenta che tu sia felice, Alice.

— Davvero?

— Sì.

— Allora sono contenta anch’io — replicò Alice con un tono di sfida. Un istante dopo, abbracciò repentinamente Leisha, con forza, con l’immenso e duro gonfiore del suo ventre schiacciato fra di loro. I capelli di Alice avevano un dolce profumo, come quello dell’erba fresca alla luce del sole.

— Verrò a trovarti ancora, Alice.

— Non farlo — disse Alice.

6

MUTANTE INSONNE IMPLORA CHE VENGA INVERTITA L’ALTERAZIONE GENETICA sbandierava un titolone al supermercato. "VI PREGO, FATEMI DORMIRE COME LA GENTE VERA!" IMPLORA UNA BAMBINA.

Leisha digitò il suo numero di credito e premette il pulsante del chiosco dei giornali per prendere una copia, anche se, solitamente, ignorava i tabloid elettronici. Il titolo appariscente continuava a girare attorno al chiosco. Un impiegato del supermercato smise di accatastare scatole sugli scaffali e cominciò a osservarla. Bruce, la guardia del corpo di Leisha, fissò l’impiegato.

Leisha aveva ventidue anni, era all’ultimo anno di Legge ad Harvard, redattore del "Law Review", chiaramente prima nella classe di laureandi. I tre contendenti a lei più prossimi erano Jonathan Cocchiara, Len Carter e Martha Wentz. Tutti Insonni.

Nel suo appartamento si mise a sfogliare il giornale. Entrò quindi nella rete del Gruppo gestita da Austin. I file contenevano nuovi articoli sulla bambina, con commenti di altri Insonni, ma, prima che lei potesse richiamarli, Kevin Baker si inserì personalmente in linea, a voce.

— Leisha, sono contento che tu abbia chiamato. Stavo per chiamarti io.

— Com’è la situazione di questa Stella Bevington, Kev? Qualcuno ha già controllato?

— Randy Davies. È di Chicago ma non penso che tu lo abbia mai conosciuto: è ancora alle scuole superiori. Abita a Park Ridge, Stella a Skokie. I genitori della piccola non hanno voluto parlare con lui, in effetti sono stati piuttosto offensivi… ma è riuscito comunque a vedere Stella faccia a faccia. Non sembra un caso di maltrattamento, solamente di comune stupidità: i genitori volevano un bambino genio, hanno risparmiato e lesinato, e adesso non sanno gestire il fatto che lo sia. Le gridano di dormire, abusano di lei a livello emotivo quando li contraddice, ma per il momento nessuna violenza.

— L’abuso di tipo emotivo è processabile?

— Non penso che ci vogliamo muovere in quella direzione, per adesso. Due di noi si terranno in stretto contatto con Stella, lei ha un modem e non ha parlato ai genitori della rete, e Randy l’andrà a trovare tutte le settimane.

Leisha si morse un labbro. — Una schifezza di tabloid dice che ha sette anni.

— Sì.

— Forse non dovrebbe essere lasciata lì. Io sono residente nell’Illinois, potrei esporre una denuncia per maltrattamento da qui se Candy ha troppi impegni in agenda al momento… — Sette anni.

— No. Lasciamo decantare la cosa. Probabilmente Stella non avrà problemi. Lo sai.

Era vero. Quasi tutti gli Insonni si mantenevano sereni, indipendentemente dall’opposizione che proveniva dallo strato più ottuso della società. Si trattava, inoltre, solamente dello strato stupido, considerò Leisha, una piccola minoranza anche se vociante. La maggior parte delle persone avrebbe potuto adeguarsi e in effetti lo avrebbe fatto, alla crescente presenza degli Insonni, quando fosse stato lampante che quella presenza prevedeva non soltanto crescente potere ma anche crescenti benefici per l’intero paese.

Kevin Baker, ormai ventiseienne, aveva fatto una fortuna con microchip talmente rivoluzionari che l’Intelligenza Artificiale, un tempo solamente un sogno dibattuto, si faceva di anno in anno più vicina alla realizzazione. Carolyn Rizzolo aveva vinto il premio Pulitzer per il teatro con l’opera Luci del Mattino. Aveva ventiquattro anni. Jeremy Robinson aveva compiuto un lavoro significativo nelle applicazioni della superconduttività quando era ancora diplomando a Stanford. William Thaine, redattore del "Law Review" quando Leisha era arrivata il primo anno ad Harvard, svolgeva ora la libera professione. Non aveva mai perduto una causa. Aveva ventisei anni e i casi stavano diventando importanti. I suoi clienti stimavano il suo valore più della sua età.

Ma non tutti reagivano in quel modo.

Kevin Baker e Richard Keller avevano fondato una rete dati che legava gli Insonni in uno stretto gruppo, costantemente al corrente delle lotte personali gli uni degli altri. Leisha Camden finanziava le battaglie legali, i costi dell’istruzione degli Insonni i cui genitori erano meno abbienti, il sostegno di bambini in situazioni emotive disgraziate. Rhonda Lavelier si era diplomata come assistente sociale in California e, quando era possibile, il Gruppo manovrava le cose in modo tale che i giovani Insonni che erano stati tolti alle rispettive famiglie venissero assegnati a Rhonda. Il Gruppo contava per il momento su tre avvocati abilitati: nel giro di un anno ne avrebbe avuti altri quattro, autorizzati alla pratica legale in cinque stati diversi.

L’unica volta che non erano stati in grado di ottenere legalmente l’affidamento di un bambino Insonne sottoposto a maltrattamenti, lo avevano rapito.

Timmy DeMarzo, quattro anni. Leisha si era opposta all’azione. Aveva discusso del caso a livello morale e prammatico, per lei si trattava in effetti della stessa cosa, e quindi, se credevano nella loro società, nelle sue leggi fondamentali e nella loro capacità di appartenervi in qualità di individui produttivi che commerciavano liberamente, dovevano rimanere legati alle leggi contrattuali della società. Gli Insonni erano, nella maggior parte, yagaisti. Avrebbero già dovuto saperlo. Se l’FBI li avesse presi, i tribunali e la stampa li avrebbero crocifissi.

Non vennero presi.

Timmy DeMarzo: non era stato nemmeno abbastanza grande da richiedere aiuto via rete, gli Insonni erano venuti a conoscenza della sua situazione tramite l’analisi automatica dei dati della polizia che Kevin faceva effettuare alla sua compagnia. Era stato rapito dal giardinetto sul retro della sua stessa casa a Wichita. Aveva vissuto l’anno precedente in un camper isolato nel Nord Dakota, ma non esisteva posto sufficientemente isolato per un modem. Veniva seguito da una madre adottiva cui era stato affidato che era irreprensibile a livello legale e aveva vissuto lì per tutta la vita. La donna era cugina di secondo grado di un Insonne, una persona allegra e grassoccia con un cervello molto più acuto di quanto non indicasse il suo aspetto esteriore. Era una yagaista. Non esisteva alcuna registrazione del bambino su alcuna banca dati: non quella delle Imposte, non quella di una scuola, nemmeno negli scontrini computerizzati della drogheria locale. Il cibo specifico per il bambino veniva inviato mensilmente con un camion di proprietà di un Insonne di State College in Pennsylvania. Dieci membri del Gruppo erano al corrente del rapimento, su un totale di 3.428 Insonni nati negli Stati Uniti. Di questi ultimi, 2.691 facevano parte del Gruppo tramite la rete. Altri 701 erano ancora troppo piccoli per poter utilizzare un modem. Soltanto 36 Insonni, per svariati motivi, non facevano parte del Gruppo.

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