La rivincita dei mendicanti - Страница 93

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Finché non si rese conto di cosa stava guardando.

Due schizzi grezzi di scansioni cerebrali. Quella sopra il seno sinistro era di Theresa. Jackson la riconobbe perfino tracciata al contrario e a grandi linee. Aveva guardato quotidianamente quei particolari grafici durante la malattia di sua sorella e molto di frequente negli anni precedenti. Erano grafici che rappresentavano una sovreccitazione cerebrale cronica, in particolare nelle zone più primitive del cervello che controllavano le emozioni. La zona limbica, l’ipotalamo, le amigdale, la formazione reticolare della zona pontina, il midollo ventrale rostrale: tutte sovreccitate.

Il sistema di attivazione reticolare ascendente, SARA, che reagiva per l’input neurale proveniente da molte altre parti del cervello, mostrava un’attività di onde particolarmente frenetica: bassa ampiezza, alta frequenza, intensa asincronia. I segnali di allarme viaggiavano costantemente verso la corteccia di Theresa che, di conseguenza, riteneva costantemente il mondo un luogo allarmante. Quelle informazioni, a loro volta, ritornavano indietro al SARA che reagiva con un’attività elettrochimica ancor più frenetica. I segnali elettrochimici di pericolo allertavano pensieri di pericolo che a loro volta allertavano ulteriori reazioni elettrochimiche di stress. Si trattava del circolo vizioso che Theresa non aveva mai permesso a Jackson di interrompere con neurofarmaci.

La seconda serie di tratti grezzi era completamente diversa. In effetti era diversa da qualsiasi scansione cerebrale Jackson avesse mai visto. Il SARA e i grafici primitivi mostravano soltanto un’eccitazione normale, del genere associato con un’azione regolare, intenzionale e realistica. Ma l’input che proveniva "dalla" corteccia al SARA era di tipo intenso. Parti del cervello, poi, indicavano una vera e propria tempesta elettrica. Quelle erano le sezioni del cervello associate con un’intensa attività non-somatica: attacchi di epilessia, visioni religiose, allucinazioni immaginative, determinati tipi di creatività. Grafici simili venivano riscontrati spesso in visionari chiusi in manicomio: gente che credeva di essere Napoleone, Gesù Cristo o il Generale Manheim. Combinare quello schema con il controllo e la chiarezza di onde alfa di grande ampiezza e bassa frequenza, di solito prodotto di intensa concentrazione o biofeedback…

— Di chi è la seconda scansione?

— Di Theresa.

— Impossibile!

— No. Sono tutt’e due di Theresa. Una, presa prima che si mettesse nello stato mentale per compiere qualcosa di difficile per lei, e una dopo. Non so esattamente come ci riesca.

— Vorrei tanto vedere i dati relativi al segmento vertebrale!

— Sul mio seno c’è spazio limitato a differenza di quello di altre persone — commentò acida Vicki. — Ho memorizzato solo le parti delle due stampe che mi sembravano più diverse l’una dall’altra.

— Ma come ha potuto Tess…

— Abbassa la voce, Jackson. E fingi di sbaciucchiarmi sul serio, siamo ancora sul monitor. Ti ho detto che non so come faccia Theresa, ma so quello che mi ha detto che pensa di fare. Theresa trasforma la propria scansione cerebrale fingendo di essere Cazie.

Jackson restò in silenzio. Theresa che fingeva di essere Cazie. Capace di indurre, almeno temporaneamente, il genere di schema di attività cerebrale di un altro temperamento, completamente diverso dal suo, oltre all’attività di intensa creatività immaginativa che era al limite dell’allucinatorio. Doveva cominciare col controllare i pensieri nella corteccia, che cambiavano le informazioni di ritorno nel suo sistema nervoso autonomo… Tutte le esperienze emotive, dopo tutto, erano essenzialmente storie che il cervello creava per dare un senso alle reazioni fisiche del corpo. Tess aveva trovato un modo per invertire il procedimento. Lei raccontava a se stessa una specie di storia, la raccontava al suo cervello conscio che andava ad alterare le sue reazioni fisiche più primitive. Fino ad arrivare al livello neurochimico. Controllava il suo mondo fisico tramite mera immaginazione e forza di volontà.

Jackson non aveva mai conosciuto realmente sua sorella.

Disse con una certa esitazione: — Dovrò replicare questo…

— Certamente. Ma non ora. — Vicki riabbottonò la camicetta, ma non si spostò da lui. Accoccolata sulle sue ginocchia, con il respiro caldo contro il suo collo, gli disse con voce del tutto differente: — Sai che ho un po’ paura di te?

— Come no.

— Non mi credi. Pensi di essere l’unico ad avere paura dei sentimenti. Be’, fottiti.

Si alzò di scatto. Da quello che aveva detto, Jackson si aspettava di vederla arrabbiata, invece il suo volto mostrava dolore e insicurezza. In quel preciso istante, Jackson si rese conto che quella donna avrebbe potuto sostituire Cazie nella sua vita.

Il pensiero lo riempì subito di terrore. Un’"altra" donna bisbetica, prepotente? Che lo beffeggiava di continuo, lottando per controllarlo, sapendo quello che lui avrebbe detto prima ancora che lo dicesse. Il profumo di Vicki, più forte da che non gli stava più così vicino, gli riempì il naso e la gola. Aveva lasciato slacciati gli ultimi tre bottoni della camicetta. Deliberatamente? Ovvio. Si sentì carico di risentimento per quel tentativo di manipolazione.

La vulnerabilità di Vicki durò soltanto un momento. Quindi riprese a essere Victoria Turner, controllata e competente.

Victoria Turner. Non Cazie. Quella confusione era sua, non di lei.

Era Theresa a essere Cazie.

Jackson scoppiò in una fragorosa risata. Non poté farci nulla: quella situazione critica, grottesca, lo colpì all’improvviso come intollerabilmente buffa. O, forse, intollerabilmente insopportabile. Theresa. Brookhaven. Il neurofarmaco traditore. La Kelvin-Castner. Il Rifugio. Il mondo andava in pezzi a micro e macro livelli e lui, Jackson, aveva scelto come oggetto di paura una donna che diceva di avere altrettanta paura di lui, soltanto che lui aveva troppa paura per crederle e lei aveva troppa paura per credere che lui aveva troppa paura… — Vicki… — disse teneramente.

I loro sguardi si incontrarono nella stanza scialba, mentre il notiziario strillava. Il momento si allungò come caramello, elastico e dolce.

— Vicki…

— Stanno entrando i suoi ospiti — annunciò con voce squillante il sistema. — La signorina Francy e il signor Addison arriveranno fra novanta secondi. Devo farli accomodare?

— Sì — disse Jackson. Gradì quell’interruzione così come ne restò dispiaciuto.

— Certamente. E se ci fosse qualsiasi cosa che la Kelvin-Lastner possa fare per lei. non esiti a chiederlo.

Addison era un tecnico scelto chiaramente non solo per essere minaccioso ma anche per apparirlo. La sua testa sfiorava il soffitto e le sue braccia avevano un diametro doppio rispetto a quelle di Jackson. Probabilmente era anche potenziato: muscoli, vista, tempo di reazione. Esaminò la stanza in modo professionale. Accanto a lui Lizzie sembrava una bambolina molto piccola, molto strapazzata, molto impaurita, vestita con gli abiti verdi usa e getta della Kelvin-Castner. Si lanciò verso Vicki e la strinse forte. Jackson si aspettò di sentire Vicki farle delle moine materne, ma non accadde.

— Forza, Lizzie, riprenditi — fece Vicki. — Non mi verrai a dire che il pirata informatico che tutto conquista diventa piagnucoloso per un piccolo lavaggio in profondità. Sei andata più all’interno dei buchi del governo di quanto i pulitori della Decontaminazione siano appena entrati nei tuoi.

Lizzie si mise a ridere. Una risata incerta ma pur sempre una risata. La rudezza sboccata di Vicki le aveva dato coraggio. Jackson non avrebbe mai capito le donne.

— Adesso siediti qui e raccontaci quello che hai trovato — disse Vicki. — No, non preoccuparti dei monitor. Va bene che la K-C sappia che sappiamo quello che sappiamo. Vuoi un po’ di caffè?

— Sì — rispose Lizzie. Sembrava più calma. Non avendo avuto tempo di tirarli dopo la Decontaminazione, i capelli le stavano piatti e puliti contro la testa. Addison terminò il controllo della stanza e si pose fra Lizzie e la porta aperta dell’alcova.

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