La rivincita dei mendicanti - Страница 7
Impossibile.
Aspettò finché la sua erezione non fosse scemata prima di alzarsi e stiracchiarsi con elaborata noncuranza. — Bene, ci sono delle persone che mi stanno aspettando. Buona notte, Cazie. Theresa, non farò tardi.
— Stai attento, Jackson — disse Theresa come faceva sempre, come se potessero esistere pericoli all’interno dell’Enclave di Manhattan Est, protetta da uno scudo a energia-Y dalle indesiderate intemperie. Theresa non lasciava l’appartamento da oltre un anno.
— Sì, stai attento, Jack — scimmiottò Cazie teneramente, e lui sentì il cuore saltare un battito quando gli sembrò di avvertire del rammarico mischiato con la tenerezza. Quando si voltò, tuttavia, lei stava facendo di nuovo le moine all’uccellino di Theresa e non lo guardò nemmeno.
C’era l’indomani.
Maledetto domani. Si trattava di un viaggio di affari, per scoprire che cosa non andasse nello stabilimento di Willoughby. Lui possedeva quella maledetta compagnia, quanto meno un terzo, e avrebbe dovuto controllare meglio i tabulati della ditta, dare ordini alle Intelligenze Artificiali che la gestivano, collegarsi con il capo tecnico della TenTech, verificare l’andamento dei problemi. Doveva essere più responsabile dei soldi suoi e di Theresa. Doveva…
Avrebbe dovuto fare un sacco di cose.
Uscì nella fredda notte di novembre, che sotto la cupola sembrava una calda notte di settembre, e cercò di pensare a un posto che non fosse casa sua in cui avrebbe potuto effettivamente cenare.
2
Lizzie Francy si fermò sull’erba irregolare del campo buio in Pennsylvania e appoggiò in segno di monito una mano sul braccio di Vicki Turner. Soffiava un vento freddo. A una trentina di metri di distanza lo stabilimento che produceva coni a energia-Y della TenTech si profilava al chiaro di luna, un parallelepipedo di cemespugna privo di finestre, bianco e senza tratti caratteristici, come una prigione.
— Non andare oltre — avvertì Lizzie. — Lo scudo di sicurezza inizia un metro e mezzo più avanti. Vedi la differenza sull’erba?
— Certo che no, non riesco a vedere "niente" — rispose Vicki. — Tu come fai?
— Sono venuta qui alla luce del giorno — disse Lizzie. — Dobbiamo spostarci, un po’ a sinistra, ho lasciato un segno. Stai tremando, Vicki. Hai freddo?
— Sto gelando. Stiamo gelando tutti. È lo scopo di questa incursione notturna illegale, no? Dio, devo essere impazzita per fare una cosa simile… Quanto più a sinistra?
— Proprio qui. Non ti avvicinare oltre, i sensori a infrarossi ci capteranno.
— Non me, sono troppo fredda. Mi scambierebbero per una roccia. No, non voglio la tua mantella, ne hai bisogno.
— Io non ho freddo — ribatté Lizzie. Aprì un sacco di iuta e cominciò a tirare fuori roba.
— È l’esplosione dei tuoi ormoni. I piccoli coni a energia-Y della gravidanza. Va bene, prenderò la mantella. Come mai la tua pelle non consuma i vestiti in fretta come la mia? O è soltanto un’impressione? Lizzie, piccola, non eccitarti troppo. Non funzionerà. Nessuno, per quanto sia un bravo pirata informatico, può entrare in una fabbrica di coni a energia-Y.
— Io sì — rispose Lizzie.
Sogghignò in direzione di Vicki, Vicki non capiva. Vicki era intelligente, era colta, era un Mulo, quelli che prima gestivano il mondo. Vicki aveva regalato a Lizzie il primo terminale e le aveva insegnato a usarlo. Lizzie doveva tutto a Vicki. Ma Vicki "non sapeva". Vicki era vecchia, forse aveva quasi quarant’anni, ed era diventata adulta prima del Cambiamento, quando ogni cosa era differente. Lizzie aveva passato gli ultimi cinque anni sulle reti informatiche e sapeva quanto era brava. Non c’era nulla in cui non potesse introdursi (eccetto ovviamente il Rifugio, ma quello non contava). Quello era il mondo di Lizzie, ormai, e lei poteva fare tutto. Aveva diciassette anni.
Le due donne tirarono fuori la strumentazione di Lizzie da un’altra tela tessuta in modo grezzo. Biblioteca di cristallo, terminale, trasmettitore laser, olotute complete. Parte dell’equipaggiamento era di materiale scadente, parte era rubato, tutto era vecchio. Lizzie, con il pancione che le tendeva la tunica già consumata, montò l’equipaggiamento e lo puntò contro l’edificio. Vicki, avvolta nella mantella di Lizzie, si mise improvvisamente a ridacchiare. — Ho conosciuto Jackson Aranow, una volta.
— Chi sarebbe Jackson Aranow?
— Il proprietario della fabbrica che stai per derubare. Quanto meno lo è la sua famiglia. Io dico sempre, conosci i tuoi ignari e involontari benefattori. Gli Aranow sono una vecchia stirpe di conservatori, altezzosi e noiosi. Ricchi quanto il Rifugio.
Lizzie sollevò lo sguardo dagli schemi di decodifica sullo schermo. — Davvero?
— No, ovviamente non proprio. Dio, non prendere sempre tutto così alla lettera. Nessuno è ricco come il Rifugio.
— D’accordo, siamo pronti — disse Lizzie. Sogghignò, un lampo di denti bianchi nell’oscurità. — Hai il tuo sacco? Ricorda che lo scudo si abbasserà soltanto per dieci secondi prima che il sistema si riprogrammi. Sei armata?
— Se è questo, essere "armati" — commentò Vicki, sollevando il tubo di metallo nella mano destra. — Dovevi proprio farlo così pesante? Se devo morire, preferisco farlo un po’ più leggera.
— Non morirai. E sei quasi completamente nuda, non ti sembra di essere abbastanza leggera? — Lizzie scoppiò a ridere, un profondo ghigno impudente, e le sue dita presero a volare sopra la tastiera. — Va bene… "ora"!
Un raggio laser trafisse l’oscurità, diritto e inflessibile come un bastone di filamenti in diamante. Sfrecciò attraverso lo scudo invisibile a energia verso un punto preciso, virtualmente indistinguibile, posto in alto, sull’edificio. Lo seguì un secondo raggio. Molti siti di dati, eccitate le loro molecole bioelettriche dalla prima scarica del laser, assorbirono l’energia aggiuntiva della seconda in una diversa zona dello spettro. L’energia assorbita attivò una reazione ramificata, un’architettura sequenziale a un fotone. Una serie di chiavi a lunghezza d’onda si inserirono, attraverso l’oscurità, in una serratura cromoforica autoriparante costituita da proteine batteriche. La notte si riempì di informazioni invisibili, alcune inviate a nuovi siti di ricezione, a ulteriori relais, a terminali posti in altri stati. Lizzie non poteva farci nulla: i sistemi di sicurezza, per loro natura, allertavano altri sistemi. Tuttavia, l’aria sfrigolò brevemente e lo scudo di sicurezza a energia-Y si dissolse.
Nel giro di dieci secondi si era già resettato con altri codici, altri schemi. Lizzie e Vicki, portando i loro sacchi, avevano già attraversato l’erba alta, sfruttando l’interruzione nel campo energetico.
Avvenne tutto in silenzio. Non si accesero riflettori e non suonarono allarmi. Le industrie erano integralmente automatizzate, gestite da sistemi che avevano base in enclavi distanti, che i proprietari potevano consultare e dirigere. Oppure no.
Il primo robot della sicurezza passò accanto alle due donne quasi immediatamente, a una velocità terrificante, una sagoma di metallo silenzioso che sfrecciava nel prato. Vicki vi puntò contro il disgregatore EMF e il robot si fermò, cadde a terra e si ribaltò. Vicki scoppiò a ridere, con una foga eccessiva. — Muori, essere impudente venuto dal nulla!
— "Sbrigati!" — la incalzò Lizzie. Disattivò un secondo robot della sicurezza e corse verso le porte dello stabilimento.
Ovviamente si erano bloccate quando lo scudo a energia-Y si era abbassato. Lizzie digitò qualcosa sui terminali a codici di sovrapposizione manuali e trattenne il respiro. Le erano occorsi mesi per intrufolarsi nei dati della sicurezza della TenTech e, anche se poteva fare tutto, non era mai riuscita a trovare i resettaggi per i codici di sovrapposizione manuale nel caso la violazione dello scudo di sicurezza li avesse reimpostati automaticamente. Sperava che non esistessero reimpostazioni, che i progettisti fossero stati così arroganti o così maldestri da aver avuto fiducia che il complesso sistema a energia-Y fosse sufficiente, che nessuno sarebbe mai riuscito a violarlo. Eccetto, forse, quelli del Rifugio, che non avevano alcun motivo per provarci.