La rivincita dei mendicanti - Страница 26

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— D’accordo, Jackson — acconsentì Cazie. — Vengo.

Adagiò con attenzione Irina nel fango e si alzò, togliendosi un bel grumo di fango dal polso.

— Ehi, Caz, non puoi andartene adesso! — disse Terry. — La festa sta appena cominciando!

— E io sono la prossima — si lamentò una donna. — Chi vuole lanciare?

— Appannaggio del perdente — ordinò Landau. — Visto che Irina non ha scelto me per il coltello.

— Cazie! Non andare!

— Buona notte — salutò Cazie. — Dite a Irina che la chiamerò domani. — Prese Jackson per mano. Lui la lasciò cadere: svuotato, infuriato, intrappolato d’amore.

Lei lo seguì docilmente fino all’ascensore, lungo il corridoio, non incontrarono nessuno, erano le tre del mattino, fino all’appartamento. Nella doccia. Jackson notò che lei aveva lasciato l’inalatore alla festa.

— Mi dispiace, Jack — disse Cazie quando furono puliti. — Non pensavo in maniera lucida. Era ovvio che non ti sarebbe piaciuta una festa simile. È soltanto che… mi mancavi.

Lui la fissò, cercando di conservare il proprio disgusto, capendo che aveva fallito. — Non sentivi la mia mancanza. Volevi soltanto un po’ più di eccitazione. Le uniche esperienze che hai mai ritenuto degne di avere erano quelle intensamente eccitanti.

— Lo so.

— Non è normale, Cazie. Le persone normali non hanno bisogno di una costante eccitazione pericolosa per sentirsi felici!

— E c’è un numero maledettamente alto di Muli che non sono normali. Che non lo sono più. Stringimi, Jack.

Jackson restò rigido, senza muoversi. Lei lo cinse con le braccia e gli si premette contro. Il pene nudo di lui si alzò fino all’ombelico della donna. Il seno morbido di Cazie gli respirava dolcemente nel petto.

— Oh, Cazie… — Era un lamento, metà di desiderio, metà di sconfitta. — No…

— Sarò dolce — gli mormorò lei contro il collo. — Tu sei così bravo a prenderti cura di me.

Effettivamente rimase dolce. Tenera, gentile: una Cazie vulnerabile che non tratteneva nulla e dava tutto. In seguito, si addormentò contro la spalla di Jackson, accoccolata vicino a lui come una bambina. Le lenzuola erano bagnate dei corpi che non avevano asciugato dopo la doccia e degli umori dolciastri dell’amore.

Jackson rimase steso e sveglio al buio, stringendola, desiderando che non fosse venuta via con lui dalla festa, desiderando che non lasciasse mai più la sua camera da letto, desiderando essere una persona diversa da quello che era: più risoluto, più in grado di mantenere la rabbia, più capace di cancellare quella donna.

C’erano neurofarmaci che l’avrebbero aiutato a farlo, modificando la sua neurochimica, riequilibrando trasmettitori, ormoni ed enzimi. Meno CRF. Più testosterone. Meno serotonina. Ancora meno inibitori di dopamina. Più ADL.

Come le persone alla festa. Terry, Irina e Landau.

No.

Non riuscì ad addormentarsi. Dopo essersi girato e rigirato nel letto per una mezz’ora, si alzò. Baciò Cazie su una guancia, infilò una vestaglia e si recò in biblioteca.

— Caroline, messaggi, per favore.

— Sì. Jackson — disse il suo sistema personale con il tono di voce leggermente formale che lui preferiva. — Ci sono quattro messaggi. Li devo elencare nell’ordine di ricezione?

— Perché no? — Si versò un whisky dalla bottiglia sul tavolino.

— Messaggio da parte di Kenneth Bishop. da Wichita. Soggetto: Stabilimento di Willoughby. — Era il responsabile tecnico della TenTech. Finalmente aveva controllato l’impianto difettoso. Una settimana dopo. Forse la TenTech aveva bisogno di un nuovo responsabile. Cristo, Jackson odiava avere a che fare con quelle grane.

— Messaggio da Tamara Gould. da Manhattan. Soggetto: festa. — L’ultima cosa di cui aveva bisogno Jackson quella sera era un’altra festa. Cazie forse ci sarebbe voluta andare? Se ce l’avesse portata, sarebbe rimasta con lui un po’ più a lungo?

— Messaggio da Brandon Hileker da Yale. Soggetto: riunione di classe. — Oh, Dio, erano già passati dieci anni da quando aveva preso la laurea? Una riunione. "E cosa fai tu Jackson? Il medico? Non è un po’… obsoleto?"

— Messaggio da Lizzie Francy. Soggetto: progetto neonato. — "Neonato? Progetto?" Ma che significava? Forse era accaduto qualcosa al piccolo che Jackson aveva aiutato a partorire la settimana prima? Perché chiamarlo "progetto"? Ma, in fondo, che ne sapeva Jackson di come chiamassero le cose i Vivi?

— Caroline, passami quel messaggio, per favore.

Il volto di Lizzie si formò sullo schermo a parete. A differenza dell’ultima volta in cui l’aveva vista, l’espressione di Lizzie era sveglia e i capelli ben pettinati. I suoi occhi neri scintillavano. Il suo modo di parlare, notò, sembrava da Mulo, non da Vivo. Opera di Victoria Turner?

— Lizzie Francy per il dottor Jackson Aranow. Dottor Aranow, la chiamo perché ho bisogno del suo aiuto. Si tratta di un progetto connesso con la salute dei bambini: non soltanto del bambino che lei mi ha aiutato a partorire, ma di tutti i bambini della tribù. E forse anche di altre tribù. — Esitò e il tono della sua voce cambiò. — La prego, mi richiami. È davvero importante. — Un’altra esitazione e poi un curioso e leggero inchino con il capo. — Grazie.

— Fine messaggio — disse Caroline. — Desidera inviare una risposta?

— No. Sì. — Se il bambino aveva avuto un qualche tipo di incidente… "progetto"? — Registra messaggio.

— Registrazione.

— Dottor Jackson Aranow per Lizzie Francy. Ti prego di fornirmi ulteriori dettagli sul tuo problema. Forse il bambino ha bisogno di cure mediche? Se così, allora…

Con sua grande sorpresa, il volto di Lizzie in diretta interruppe la sua registrazione. Erano le quattro e mezzo del mattino. Come mai si sovrapponeva al suo sistema personale? E come faceva a riuscirci?

— Dottor Aranow, grazie per avere richiamato! Io… noi abbiamo disperatamente bisogno del suo aiuto. Non potrebbe…

— Il bambino sta bene?

— Il bambino sta bene. Vede? — Allargò la visuale dello schermo e lui vide che stava allattando il neonato.

— Allora perché hai detto che questo "progetto" riguardava la salute del bambino?

— È "così". Ma a lungo termine. Non sapevo a chi altro rivolgermi. È un progetto davvero importante!

Jackson ebbe la sensazione di dover riattaccare. Vivi. Era sempre un errore farsi coinvolgere da loro. Fornire le necessità basilari per pura carità umana, sì. I Muli avevano tentato di farlo: non era stata colpa loro se i Vivi avevano rifiutato il contratto sociale, beni in cambio di voti, per il quale erano stati riforniti del necessario. Al di là di questo, i Vivi erano complicati. Maleducati, arroganti, ingrati, pericolosi. Inoltre la vista del seno gonfio di Lizzie in bocca al neonato lo metteva stranamente a disagio. Pensò a Cazie, addormentata nel suo letto.

Lizzie disse: — Ha mai sentito parlare di una donna che si chiama Ellie Sandra Lester?

Jackson trasse un profondo respiro. — Sì — disse. — Vai avanti.

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